Io, Sam e le risposte

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Sam CalagioneNel post precedente ho parlato di come Sam Calagione fosse interessato alla scena birraria italiana e di come mi avesse chiesto alcuni dettagli sui rapporti tra appassionati e birrifici.

La prima domanda che mi ha fatto è stata “Che ne pensano gli appassionati dei birrifici “grandi” come Baladin e Borgo?” Anche in Italia se un birrificio cresce gli appassionati lo guardano male?

Sam è stato autore di un noto “sfogo” su BeerAdvocate contro le critiche ai birrifici più popolari e più “grandi” degli Stati Uniti e contro le loro birre.
Anche alla luce di questo credo che la sua domanda fosse molto pertinente e ho risposto che, anche in Italia, gli appassionati integralisti vedono un po’ con sospetto la crescita dei birrifici. Dalla famosa querelle dell’entrata in Assobirra di alcuni nomi noti in poi le critiche verso il sodalizio Teo Musso + Leonardo di Vincenzo si sono fatte aspre. Dalla scomparsa del termine “non filtrata” al progetto Open, da New York a Roma ognuno poteva trovare un appiglio per parlare “male” di questi due birrifici/personaggi.
E ogni volta che un birrificio cresce, cambia impianto o tecnologia gli integralisti sono subito pronti a dire “non è più buona come una volta” come se il gusto e la qualità fossero inversamente proporzionali alle dimensioni dell’impianto.
Io penso che ognuno sia libero di esprimere il proprio parere e le proprie perplessità sulle scelte fatte da alcune aziende.
Ma il fulcro deve essere e rimanere la birra: bevendo recentissimamente la Perle ai Porci (Stout con le ostriche di Birra del Borgo) con il suo salmastro e la sua ruvida eleganza o la Super di Baladin, con il suo speziato finale (quasi incenso) e la sua morbida dolcezza non posso non dire che siano due grandi birre.
Ben vengano quindi gli ingrandimenti, i materiali, gli investimenti e la professionalità spinta se tutto questo porta ad avere nel bicchiere prodotti di altissimo livello.
Il giudice deve essere il nostro palato, senza pregiudizi. Alla fine dovrebbe interessarci quello che beviamo e non giudicarlo dall’etichetta.

La seconda domanda è stata invece “Gli appassionati di vino come si comportano con la birra? Sopportano, condividono o odiano?”

In Italia la situazione è diversa rispetto agli USA: abbiamo più tradizione e il vino non è solo una bevanda.
Purtroppo gli appassionati e/o i professionisti del vino in Italia spesso hanno dei pregiudizi sulla birra a causa della poco conoscenza del settore o di corsi approssimativi o di mere conoscenze commerciali. La birra non è solo gialla e gasata, e i pregiudizi vanno sconfitti in un solo modo: facendoli bere…
Quello delle birre è un mondo complesso e profondo che necessità volontà di conoscenza e mente aperta, perché lo scopo è quello di provare piacere per quello che si ha nel bicchiere.
Molti appassionati sono tranquillamente bigami, e non c’è nulla di male.

In conclusione mi è sembrato che tutto il mondo sia paese e che anche negli USA gli appassionati guardino con sospetto i birrifici “grandi” e che i beergeek della prima ora vivano di nostalgia piuttosto che di attualità. Il mondo del vino poi, anche oltreoceano, è visto come diretto concorrente sulle tavole dei ristoranti ma gode di una certa nobiltà atavica che è difficile da “combattere”.
In conclusione la grande differenza è che Sam al Macche chiede come ultima birra “qualcosa di americano”; io al Toronado non mi sognerei mai di chiedere qualcosa di italiano…

Per completezza allego quanto scritto da Calagione sul forum di BeerAdvocate

It’s pretty depressing to frequently visit this site and see the most negative threads among the most popular. This didn’t happen much ten years ago when craft beer had something like a 3 percent market share. Flash forward to today, and true indie craft beer now has a still-tiny but growing marketshare of just over 5 percent. Yet so many folks that post here still spend their time knocking down breweries that dare to grow. It’s like that old joke: “Nobody eats at that restaurant anymore, it’s too crowded.” Except the “restaurants” that people shit on here aren’t exactly juggernauts. In fact, aside from Boston Beer, none of them have anything even close to half of one percent marketshare. The more that retailers, distributors, and large industrial brewers consolidate the more fragile the current growth momentum of the craft segment becomes. The more often the Beer Advocate community becomes a soap box for outing breweries for daring to grow beyond its insider ranks the more it will be marginalized in the movement to support, promote, and protect independent ,American craft breweries.

It’s interesting how many posts that refer to Dogfish being over-rated include a caveat like “except for Palo…except for Immort…etc.” We all have different palettes which is why it’s a great thing that there are so many different beers. At Dogfish we’ve been focused on making “weird” beers since we opened and have taken our lumps for being stylistically indifferent since day one. I bet a lot of folks agree that beers like Punkin Ale (since 1995) , Immort Ale (wood aged smoked beer) since 1995, Chicory Stout (coffee stout) since 1995 , Raison D’être (Belgian brown) since 1996, , Indian Brown Ale (dark IPA) since 1997, and 90 Minute (DIPA) since 2000 don’t seem very weird anymore. That’s in large part because so many people who have been part of this community over the years championed them and helped us put them on the map.These beers, and all of our more recent releases like Palo Santo, Burton Baton, Bitches Brew continue to grow every year. We could have taken the easy way out and just sold the bejeezus out of 60 Minute to grow but we like to experiment and create and follow our own muse. Obviously there is an audience that appreciates this as we continue to grow. We put no more “hype” or “expert marketing” behind our best selling beers than we do our occasionals. We only advertise in a few beer magazines and my wife Mariah oversees all of our twitter/Facebook/dogfish.com stuff. We have mostly grown by just sharing our beer with people who are into it (at our pub, great beer bars, beer dinners, and fests) and let them decide for themselves if they like it. If they do we hope they tell their friends about. We hope a bunch of you that are going to EBF will stop by our booth and try some of the very unique new beers we are proudly bringing to market like Tweason’ale (a champagne-esque, gluten-free beer fermented with buckwheat honey and strawberries) and Noble Rot (a sort of saison brewed with Botrytis-infected Viognier Grape must). One of these beers is on the sweeter side and one is more sour. Knowing each of your palettes is unique you will probably prefer one over the other. That doesn’t mean the one you didn’t prefer sucked. And the breweries you don’t prefer but are growing don’t suck either. Respect Beer. The below was my favorite post thus far.

This thread is hilarious. Seriously, Bells, Founders, FFF, Surly, RR, DFH, Bruery, Avery, Cigar City, Mikkeller are all overrated? Since I’m from Ohio, I’ll pile on and add Great Lakes, Hoppin Frog, and Brew Kettle to the list. Your welcome.

Hopefully soon we will have every craft brewery in the US on the list.

 

 

8 Commenti

  1. secondo me alla sua prima domanda hai risposto il falso. non mi pare in Italia ci sia una maggioranza di appassionati integralisti che additano i birrifici che crescono. al limite l’esatto contrario, auspicano la crescita per tanto buone ragioni (la chimera dei prezzi?)

    non trovo e non ho mai letto un nesso fra declino della qualità e aumento (non faraonico magari) dei volumi

    e mi pare che la questione Assobirra riguardasse tutto fuorché i volumi di produzione

    • Si vede che tutti i pregiudizi sui “due grandi” che ho sentito erano le uniche voci del coro.
      E anche tutti quelli che dicono che “sull’impianto vecchio era più buona”… non puoi non ricordarti tutte le polemiche sulla Bibock.
      Il nesso tra aumento di produzione e declino di qualità non c’è. Ma c’è il filo logico che porta a dire che se un birraio fa le cotte in un ditale la notte il suo prodotto è genuino mentre se il birraio è a NY e nel suo birrificio le cotte vanno avanti allora è uno che un po’ si è venduto l’anima.
      Ma tu sei uno che non ragiona mainstream e con te non vale…
      La storia dei prezzi ci porterebbe in un campo minato.

  2. a me non pare di aver letto né sentito pregiudizi in funzione sul nesso di causalità fra quantità e qualità per i due in questione

    anzi, non ricordo di aver letto né sentito nessuno mettere in discussione la qualità di Borgo in generale…

    sul BI prendi un granchio bello grosso. dai non mi dirai che passare da un (tipo) 10hl a 20 hl voglia dire ingrandirsi e snaturarsi… non so hai presente, parlando con Calagione, cosa intenda lui per “ingrandirsi”… sulla Bibock, vero o falso che sia, chi polemizzava sosteneva che il nuovo impianto avesse rotto la “magia” del vecchio per questioni squisitamente tecniche (la leggenda narra di una certa caramelizzazione dei malti del vecchio, leggenda eh!). Calagione è stato investito da polemiche che hanno a che fare con l’aumento di quantità e la “industrializzazione” del birrificio… vero o falso anche qui, ma son cose ben diverse e tu trovami uno, anche il più pirla, che sostenga che Baladin si stia industrializzando… magari qualcuno sosterrà che non ha più la cura di un tempo, ma è cosa ben diversa…

    sul tuo ultimo appunto continuo a sostenere di non essere una mosca bianca e che, magari a parte qualche caso isolato, nessuno sostiene questa cretinata, proprio perché secondo me in Italia siamo più avanti di quello che crediamo in quanto a critica e libertà di pensiero

    secondo me il declino della qualità in funzione della quantità potrebbe anche esserci, ma a volumi molto, ma molto, ma molto superiori a quelli di cui stiamo parlando. quelli per cui non è tanto la dimensione dell’impianto, ma la necessità di un processo organizzativo diverso (tipicamente industriale) necessario per governarlo che potrebbe fare la differenza. e sottolineo il condizionale

    • Secondo me il senso sta nelle proporzioni.
      Un US uno come Alesmith che ha un impianto da 35hl è piccolo, New Belgium è quasi come la Forst.
      Passare da 5hl a 25hl in Italia è “proporzionalmente” lo stesso.
      Che poi uno come New Belgium sia un’industria e Alesmith un artigiano siamo tutti d’accordo.

      • no, non sono d’accordo. da un punto di vista organizzativo, di capitale umano, finanziario, tecnologico, logistico, 5hl e 25hl non sono un salto quantico. queste cose andavano spiegate a Calagione della realtà italiana. una mancanza di cui ti sei macchiato, un marchio di infamia che ti perguiterà 😛

        secondo me per capire le paranoie che aveva in testa la foto che ti ho messo sopra è MOLTO esplicativa… e il dubbio nei consumatori è più che legittimo con un cambio di processo così drastico. poi ovviamente è il bicchiere a dirci come stanno davvero le cose

        • Calagione conosce bene gli impianti del Borgo e di Baladin (li ha usati…). E sa che sono i “grandi” e li considera “grandi” per la scena italiana.
          Quindi abbiamo parlato di dimensioni che lui ben conosce.
          Comunque cercherò di sopportare quello che “mi perguiterà” 🙂

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