Birra in stile italiano – Ha senso parlarne?

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Brew Like Italians

Lelio Bottero ne parla sul suo blog e lo scrive sulle birre “di famiglia”.
Ma che cosa diavolo è lo “stile italiano”? E ha senso parlarne in campo birrario?

Italian Style fa molto moda, Vespa e cibo.
Fa molto lounge-bar a Tokio, Pizzeria a New York e mafia nel resto del mondo.
Nel mondo birrario italiano stile italiano non vuol dire nulla.
Un po’ come vino italiano,  olio italiano o formaggio italiano: quelle cose che, se le vedi in un supermercato a Londra sorridi e passi oltre.
Posso essere anche d’accordo sul fatto che fare una Mild con luppoli pacifici o una Pils con luppoli americani sia una forzatura, non birraria bensì stilistica.
Ma se esce buona, e a me piace, sti cazzi…

Ho già espresso la mia idea su come gli stili birrari siano fuorvianti per i neofiti che prendono per oro colato quanto scritto in etichetta e lo accettano per inesperienza e continuo a pensarla così.

Abbiamo fatto per anni vanto del fatto che non abbiamo radici birrarie e che quindi possiamo fare di tutto, anche a cazzo di cane,e avere la coscienza pulita, per lo meno verso chi se la beve.
Adesso invece si cercano le radici, il territorio e i prodotti tipici quasi con disperazione.
Si cerca di abbracciare il vino dall’uva al mosto alle botti (che spesso lavano più bianco…) e si butta nella birra qualsiasi cosa sia bio, slow, presidiato o in offerta alla lidl.
Facciamolo, e qualcuno lo sa fare davvero bene, ma facciamolo per un motivo, fosse anche solo il divertimento e la sperimentazione.
Ma non facciamolo perché è italiano.

9 Commenti

    • Sì lo ha detto più di una volta. Posso concordare sul fatto che la “birra alle castagne” (che ripugno..) sia tipicamente italiana, ma non molto sul fatto che sia uno “stile italiano”.

  1. Anch’io trovo questa cosa dello “stile italiano” una forzatura.

    Uno stile nasce perchè in una determinata zona geografica si producono, da un certo lasso di tempo e in maniera continuativa, birre con caratteristiche simili e materie prime comuni. Successivamente, se ci saranno le condizioni di cui sopra, saranno i consumatori che andranno ad identificare uno stile (e gli daranno anche un nome).
    Altrimenti io domani mi invento lo “stile Antartico” e per farvi contenti metto in dryhop le alghe del Polo Sud.

    • io concordo con te. purtroppo gli ammerigani creano, catalogano e distruggono stili proprio con lo stile “antartico” da te descritto

      lo fanno, ovviamente, per ragioni puramente commerciali

  2. >Facciamolo, e qualcuno lo sa fare davvero bene, ma facciamolo per un motivo, fosse anche solo il divertimento e la sperimentazione.
    Ma non facciamolo perché è italiano.

    Ma infatti, a mio modestissimo parere, lo fanno (quasi) tutti per un motivo ben preciso…: marketing.

    Anzitutto, Il prodotto “nostrano”, “biologico”, “naturale”, “a km zero” in questo momento tira molto, e poi ricordo che il vino ci ha costruito una narrazione monumentale sulla territorialità, mentre in teoria ogni birra (fatto salvo il lambic e poco altro) è producibile ovunque (magari con magheggi sulla durezza dell’acqua e simili).

    Poter dare una patina di esclusività e irriproducibilità al proprio prodotto è sicuramente un valore commerciale, e tutto sommato lo vedo come l’altra faccia delle birre disneyland da 1000 ibu o da 43 gradi ecc.: tutti modi per suggerire la propria unicità.

    • C’è anche una altro motivo: se fai la birra coi ciccioli di presidio KmZero e viene una… cioè… non viene buonissima, è comunque buonissima perchè “sono i ciccioli”…

  3. Lo stile italiano è ovviamente come dire che il dialetto di Locri è comprensibile anche agli abitanti di Pizzighettone, Lo stile italiano non esiste perché l’Italia è così variegata e tutto sommato ha una storia così recente che, anche volendo, non avrebbe molto senso definirlo così. Basta considerare che nessuno dei prodotti Dop, Igp, Doc, Docg non può e soprattutto non vuole considerarsi italiano ma di una determinata zona o territorio perché ha nella sua diversità il suo carattere precipuo, quindi il suo valore intrinseco ed estrinseco. Perché diamine dovrebbe essere italiana una birra che usa le pesche di Volpedo o i mirtilli dell’Aspromonte? E’ di Bamberg una birra affumicata perché la sua storia ci dice che la sua cattedrale un tempo si è incendiata e il fuoco ha lambito anche l’adiacente malteria. Tutte le birre di Bamberg sono affumicate in ricordo di questo spiacevole e antico fatto. In attesa che qualcuno appicchi il fuoco a qualche abbazia e ci sia la birra affumicata d’abbazia (novità assoluta) proviamo a pensare a quanti prodotti ci sono in Italia in grado di sviluppare i propri zuccheri in alcol e CO2. Forse così avremo più varianti regionali, soprattutto se qualche birrario della zona sarà tarantolato dal morso dell’emulazione e cercherà l’eccellenza partendo da un elemento-alimento che possa caratterizzare la produzione brassicola di quel territorio. Concludendo: stile italiano è un’utopia ma uno stile di una zona perché no? Anche se, bisogna ammetterlo, i tempi non sono ancora maturi…

  4. Neanche a me va giù l’idea di uno stile suggerito dall’alto.
    Ed in più, concordo con Duncan con la regionalità delle birre piuttosto che con l’italianità, che come per la cucina non esiste.
    Anche gli ingredienti dovrebbero essere un po’ più ragionati. Fare una birra con ingredienti del territorio per far identificare la gente è un discorso che può crollare spesso se la gente non si rispecchia in quella birra, o nella birra.
    Forse si sta procedendo un po’ troppo per tentativi.

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