Questa cosa qui non la voglio scrivere. No. Non esiste. Non la scrivo.
Ma voglio.
Se vivo birra lo devo a quattro persone: mio padre, che mi ha tenuto nell’ambiente per decenni, Kuaska, che mi ha fatto vedere la luce dopo un paio di litri in terra elvetica, Sandro che ha messo su un maccherone dopo l’altro e Beppe: bevi!
A Rodero ci sono stato appena il Bi-Du aveva aperto, con mio padre. Caso vuole che Beppe e Roby avessero una certa Rodersch alla spina, che mio padre adorasse e conoscesse Colonia e le Koelsh…e io bevevo Schweppes mentre mio padre prendeva una bottigliazza da portare a casa. Poi è arrivato Kuaska a sdoganarmi il cervello. E poi Sandro ha voluto andarci una sera. E a fare le due di notte con Beppe a parlare di birra e a insultare la mia Schweppes era divertente. Avanti veloce per un po’, non so quanto, ma credo poco, ed ero lì, a quel bancone, d’inverno a bere Confine e a parlare con Beppe e con tutto il mondo che passava di lì. Quante birre abbiamo provato insieme, quante ne abbiamo visto nascere, alcune si sono perse, altre invece sono diventate famose. E non solo dei Bi-Du.
Quante volte chiedevo la Confine tutto l’anno e quante volte “proviamoci questa…” e magari finiva nel lavandino. Ora sono rimaste le persone, le birre ma non c’è più Rodero.
Abbiamo festeggiato l’ultima cotta qualche settimana fa con la Rinco: Rodersch con una bella botta di Simcoe (no non chiedetela, non cercatela, non immaginatela: era solo per quel giorno lì nda) formaggi e salumi. Chiusura pazza in stile Rodero: quello che ti fa vivere le birre come compagnia, come divertimento e come qualcosa che esce dal bicchiere.
Ho fatto un sacco di foto, ho abbracciato la caldaia che per tanti anni ha lavorato anche per me, ho salutato i tank e ho lasciato quel posto: il portico, il banco, e quasi si sentiva ancora il profumo del mosto e l’aroma del luppolo di quando Beppe e poi Simone facevano la doppia o la tripla notturna.
Ho pronta una bottiglia di Confine, da aprire con Beppe per l’inaugurazione del nuovo impianto.
Ah comunque si dice Ròdero, con l’accento sula prima “O”.