Io, San Marcos e il Tempio

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Lost Abbey - Convertitevi!California, ancora. Ma questa volta andiamo più a sud, dove l’esperienza birraria si abbronza sotto il sole e surf sulle creste più vertiginose delle onde del luppolo.
La prima cosa che va detta è che la concentrazione birraria intorno a San Diego è mostruosa: birrifici, brew pub, ristoranti, pub, negozi… è subito chiaro che di sete non si muore. Per questo motivo il report sarà spezzettato in diversi capitoli e all’inizio scriverò “solo” di chi al birra la fa, per poi parlare in una seconda “serie” dei locali dove sedersi e…studiare.

La prima meta è San Marcos dove sua santità Tomme Arthur officia i riti quotidiani di birrificazione di Lost Abbey / Port Brewing.
La brewery è ospitata dai locali che videro la nascita di Stone e recentemente si è ingrandita per dare una sede adatta alle più di 600(!) botti dove riposano per molti mesi alcune delle birre che più amo. Come tutte le birrerie “umane” che ho visitato negli USA anche LA/PB ha un po’ l’aria del garage di un hombrewer elevato a potenza: impianto spartano da qualche decina di ettolitri, tank enormi da un centinaio di ettolitri e filtro d’ordinanza. Unico assaggio di tecnologia l’imbottigliatrice automatica. Ma qui ci sono le botti…

Alcuni delle birre “barricate” che preferisco nascono qui: Cuvee de Tomme, Angels’ Share, Older Viscosity, Framboise di Amorosa, Red Poppy… e le molte varianti di queste (mono-botte, bend di un solo tipo di botte, blend di più annate..). Tomme (si pronuncia Tommi, lasciando scivolare la i) spiega con tranquillità le poche cose da vedere e con dovizia di particolari risponde alle domande interessate sulle botti e sui blend: lui e un gruppo di collaboratori testano le botti in diverse fasi dell’invecchiamento e danno un giudizio sulla birra che vi è evoluta, catalogandole con un voto che va da 1 (ottima, si potrebbe vendere così com’è) a 3 (non è venuta fuori per nulla bene.)
Dopo averne seguito l’evoluzione e incrociando i giudizi alla fine viene deciso quali botti usare per la birra finale e come impostare il blend. Capisco quindi che il segreto di queste birre eccezionali sta nel manico dei birrai che “costruiscono” la birra finale e non solo nel legno o nella ricetta di base.
Ho provato alcune versioni di Older Viscosity direttamente dalle botti: quelle con la valutazione più alta erano davvero orgasmiche, quelle valutate 3 o addirittura 3- diversissime e quasi irriconoscibili: scomposte, poco fini e ruvide. E le birre finite sono incantevoli: danzano tra olfatto e palato con eleganza e quasi con superbia si lasciano bere facendo a gara per vedere chi ti stupisce di più.

Ho poi dovuto lavorare duro per testare le birre alla spina nella tap house, appena riaperta dopo una visita dell’ufficio di sanità.
Sul fronte LA mi ha impressionato la Carnevale, una saison molto belga con note fruttate che si beve da sola.
Sul lato Port Brewing invece mi è piaciuta la Mongo (dedicata alla memoria gatto della birreria: il mondo è davvero piccolo e le coincidenze davvero strane…) una D-IPA luppolata ma molto ben bilanciata, fresca e non opprimente. Ho trovato molto interessante anche la Hot Rocks, una stein-beer interessante con forti sentori di malto, di caramello e un hit di affumicato/bruciato che ci sta proprio bene.

Una caratteristica fondamentale di quasi tutte le birre di Tomme è il fatto che l’alcol c’è, ma (quasi) sempre ben nascosto ed impastato con la struttura della birra. Bevi piacevolmente bombe a mano di luppolo o vecchie e preziose signore barricate senza troppi problemi.

La prima visita al tempio è finita, ma tornerò per il party del quattro anniversario, ma questa è tutta un’altra storia. To be continued….

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Vedi l’album su Flickr

“Lost Abbey? Is that a Church?”
“Almost”

7 Commenti

  1. sui forum internazionali leggevo che addirittura molti boicottano la port brewing perché per difetto molte loro bottiglie perdono carbonazione diventando completamente piatte.

    Siccome io ADORO sia la PT che la LA e non ho mai avuto nessun problema ‘sta cosa mi ha incuriosito molto.

    A qualcuno è mai capitato invece?

    • @INDASTRIA
      Tema interessante, vorrei sapere chi sono questi molti… 😉
      Premetto che non sono un fan del sughero come tappo di birra, anzi. Ma, tra tutte quelle che ho stappato, ho bevuto solo una battoglia di LA “andata” mentre sua sorella (stesso lotto e stesso fornitore) era a posto. Alla spina è un altro discorso, ma lì la colpa era sicuramente del locale che smerciava fuzzy yellow lagers e aveva le spine stantiee.
      Comunque alcune birre escono già piatte dalla botte. A volte non puoi pretendere che una birra da 11 gradi e che è stata un anno in botte e 6 mesi in bottiglia faccia 4 dita di schiuma, semplicemente non deve farla. Ma c’è chi dice che la Thomas Hardy non è a posto perchè non fa schiuma…
      Se invece parliamo di birre in stile belga come Saison e Blanche allora non dovresti farle mai invecchiare e quindi se sei un forzato del vintage o hai un fornitore col magazzino lungo allora la poca esuberanza della birra non è colpa di Tomme. Stesse cose per le bombe al luppolo: una DIPA va bevuta fresca anche se ha 8 gradi, come insegnano le etichette di Russian River. In generale gli americani sono molto sensibili al problema e tendono a mettere “ages well” in etichetta se la birra puoi dimenticartela in cantina.
      In sintesi non ho rilevato il problema o se lo ho rilevato non l’ho considerato tale. Ma in cantina ho ancora qualcosina non passato in botte… magari metto in fresco e poi ti dico.
      E comunque: tu come le trovi?

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